Ognuno di noi ha avuto nella propria vita, in modo più o meno significativo, esperienze traumatiche. Esse irrompono improvvisamente, spesso alterando il nostro precedente modo di vivere, l’immagine che avevamo costruito di noi stessi/del mondo ed impattandoci negativamente.

Ne esistono di diverse forme:

Ognuno di noi è unico. L’aspetto fisico e altre caratteristiche percepibili ci distinguono dagli altri. I nostri documenti personali ci dicono in ogni momento chi siamo.

Eppure per riconoscerci veramente come noi stessi abbiamo bisogno di qualcos’altro, di qualcosa che ci permetta di scoprire il senso del nostro essere e del nostro operare, qualcosa che ci permetta di identificarci come una persona colta in tutta la sua irripetibilità, qualcosa che premetta di sviluppare un senso di soggettività personale.

Di adolescenza buona oggi non se ne parla. Che non faccia notizia è scontato, ma che debba essere demonizzata, ridotta al suo peggio, senza vederne il potenziale, l’aspetto trasformativo ed innovativo è un grave errore.
Articoli, servizi, blog, ritraggono l’adolescente nelle sue parti più passive: “gli sdraiati”,  come li ha definiti Michele Serra, che confondono il giorno con la notte, senza interessi, con poca conoscenza del senso della fatica e dell’impegno, che vegetano in mutande davanti a tablet, cellulari e frigoriferi pronti a riempire vuoti sconosciuti.

Sentite spesso parlare di queste figure professionali senza avere bene in mente le differenze? E’ vero: tutte e tre iniziano per –psi, ma sono effettivamente diverse tra loro. Proviamo allora insieme a capire la loro specificità, in modo tale da poter avere qualche strumento in più nella cassetta degli attrezzi nel momento in cui doveste rivolgervi ad uno di loro o semplicemente per curiosità e conoscenza personale.

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