Ognuno di noi è unico. L’aspetto fisico e altre caratteristiche percepibili ci distinguono dagli altri. I nostri documenti personali ci dicono in ogni momento chi siamo.

Eppure per riconoscerci veramente come noi stessi abbiamo bisogno di qualcos’altro, di qualcosa che ci permetta di scoprire il senso del nostro essere e del nostro operare, qualcosa che ci permetta di identificarci come una persona colta in tutta la sua irripetibilità, qualcosa che premetta di sviluppare un senso di soggettività personale.

Ciascuno ha un’identità per gli altri ma ne ha una anche per sé. La prima è l’identità oggettiva, ossia la nostra riconoscibilità; essa si presenta secondo tre modalità: fisica (ad es. caratteristiche del viso e del corpo), sociale (ad es. età, stato civile, professione, livello culturale..) e psicologica (ovvero la personalità, lo stile costante del nostro comportamento). La seconda è l’identità soggettiva ed è l’insieme delle caratteristiche così come le vediamo e le descriviamo in noi stessi.

Esiste un rapporto molto stretto fra l’identità e le particolarità individuali del carattere e degli atteggiamenti. Ovvero tra identità e personalità. Quest’ultima può essere definita come l’insieme delle caratteristiche biologiche, psicologiche e sociali che individuano una persona nel suo modo unico di essere e di volere e di porsi in relazione con gli altri, e si costruisce potenziando e sviluppando le proprie peculiarità, ma anche utilizzando gli stimoli, gli apporti provenienti dall’ambiente complessivamente inteso. La personalità si forma nell’infanzia, e dipende dalle opportunità che vengono offerte per sviluppare le proprie attitudini.

Alla costruzione dell’identità contribuiscono poi fattori diversi, in particolar modo quelli collegati alle relazioni interpersonali. Esiste certamente un patrimonio nativo, ereditario e congenito di dotazioni, di attitudini e disposizioni, individualmente connotate, ma su questo s’inseriscono via via le influenze dell’esperienza, della cultura, della società, in una parola dell’ambiente.

Paradossalmente, forse, solo in negativo è possibile cogliere il vero significato dell’identità. Solo quelle persone che non riescono a sperimentare un costante e continuo sentimento di essere se stessi, coloro che presentano un Sé frammentato e disregolato, coloro che manifestano sintomi dissociativi e tutti quei fenomeni caratteristici della sindrome da diffusione dell’identità possono dare l’idea di cosa significhi non avere un’identità che sia unica, propria, individuale, personale. I terribili sentimenti di vuoto, di frammentarietà, di molteplicità dispersiva, di mancanza di coesione fra diverse parti di sé, di perdita di continuità tra presente, passato e futuro che le persone con una patologia dell’identità presentano, tutto l’insieme di questi sintomi rende palese all’attenzione dei clinici, o degli esperti che si prendono in carico questi individui, la manifestazione fenomenologica e sintomatologica di una caratteristica acquisita di sé che si suole dare per scontata e per “normale”.

Inoltre lo sviluppo di una compiuta personalità è certamente assai più difficile nella società di oggi. Una società complessa è molto più difficile da decifrare; una società fortemente pluralistica, in cui predomina la molteplicità dei modelli, rende più ardua l’identificazione secondo le proprie caratteristiche e aspirazioni; una società instabile esige continui adeguamenti e mutazioni.

Certo, la società di oggi non presenta solo elementi di rischio per il processo di formazione dell’identità, ma presenta anche molti elementi estremamente positivi: la riduzione dei forti condizionamenti espressi da un costume fatto spesso solo da pregiudizi; una maggiore spontaneità nei comportamenti non irreggimentati da autoritarismi familiari e sociali; una migliore conoscenza della vita e del suoi problemi; la possibilità, nella dialettica del dialogo culturale, di meglio comprendere il senso della cose e della vita. Insomma, nella società di oggi si intrecciano valenze positive e valenze negative e chi si affaccia alla vita deve costruire la sua identità tra molte inevitabili difficoltà.

Comprendere e definire il processo di costruzione dell’identità, e quindi del Sé dell’individuo, diviene allora fondamentale per capire come avviene e si sviluppa la nascita psicologica della persona, ma anche e soprattutto perché la comprensione delle dinamiche e degli avvenimenti che portano un essere, che alla nascita si presenta privo di qualsiasi riconoscimento e riferimento personale, a percepirsi e definirsi come un individuo unico nella propria singolarità, differenziato dagli altri, e consapevole della propria “essenza” è una comprensione utile all’individuazione, alla cura e al trattamento di quelle forme patologiche in cui queste dinamiche non seguono un corso regolare, ma subiscono, per vari e diversi motivi, degli arresti o delle deviazioni dalla normalità.

 

BIBLIOGRAFIA

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  • Jervis G. (1996). La conquista dell’identità: essere se stessi, essere diversi. Milano: Feltrinelli.
  • Giani Gallino T. (2002). La costruzione dell’identità del Sé nell’infanzia: io chi sono. Psicologia Contemporanea, 174, 18-25.

 

Dott. Fabio Massimo Stefanoni
Psicologo Psicoterapeuta